Uso di lei e voi in Stendhal e Manzoni

Nicola Gospel di Milano chiede se abbia qualche rilevanza storica una riflessione di Stendhal ne La Chartreuse de Parme, a proposito dell'uso del voi da parte di un funzionario nei confronti di Fabrizio del Dongo: secondo Stendhal si tratterebbe di un atto scortese, in quanto in Italia il pronome sarebbe stato riservato alla servitù.

Risposta

Uso di lei e voi in Stendhal e Manzoni

 

La notazione di Stendhal è molto interessante. Infatti, pur se da soppesare di volta in volta con molta cautela, sono proprio alcuni esempi letterari e testimonianze epistolari che ci aiutano a capire meglio l'evoluzione storica e sociale dei pronomi di cortesia.

Il pronome di seconda persona plurale, che deriva dal vos latino, viene usato più o meno in tutte le lingue romanze e fin dalle loro origini, per esprimere senso di cortesia e rispetto quando impiegato verso una singola persona. È con il Cinquecento e il Seicento che a questo sistema tu/voi, e in particolare in italiano, si aggiunge il pronome lei, come ulteriore gradino di formalità, inizialmente accompagnato da espressioni come la Vostra Signoria. Per questo è del tutto plausibile immaginare una progressiva svalutazione del voi, nel corso dei secoli, fenomeno che gli autori più sensibili, come appunto Stendhal, non hanno mancato di riportare a margine. Tutto questo ha portato nel linguaggio nel Novecento, sia corrente che formale, ad una forte marginalizzazione del voi, fino ad arrivare ad un nuovo sistema bipartito tu/lei, con il voi, ormai in forte regresso.

Per maggiore chiarezza si rimanda agli articoli già pubblicati su La Crusca per voi dal Prof. Luca Serianni e Paolo Belardinelli (La Crusca per voi n° 20 e n° 35, pubblicati su questo stesso sito) e soprattutto, ad un famosissimo passo de I promessi sposi, sempre notato da Serianni.

A far luce sugli usi espressivi dei pronomi di cortesia è sempre Luca Serianni che, nella sua Grammatica italiana. Italiano comune e lingua letteraria, suoni, forme, costrutti, (Torino, UTET, 1988, cap. VII, par. 84-97), descrive dettagliatamente il sistema tripartito antico (tu/voi/lei) e Il sistema bipartito attuale (lei/tu). Vengono individuate una serie di coppie, simmetriche e asimmetriche, nei Promessi sposi.

 

1 Coppie di allocutivi simmetrici

A) voi/voi, tra Agnese e Perpetua (due popolane); tra il Cardinale Federigo e l'Innominato (sconosciuti di alto rango ma in una disposizione d'animo più vicina alla confidenza che al distacco); tra Renzo e Lucia (fidanzati e poi sposi); tra Don Rodrigo e il Conte Attilio (cugini di famiglia nobile).

B) lei/lei, tra Conte zio e Padre provinciale (autorità laica e religiosa); tra Don Ferrante e Donna Prassede (una "coppia d'alto affare").

C) tu/tu, tra Renzo e Tonio (amici di modesta condizione); tra Renzo e Bortolo (cugini di modesta condizione).

 

2 Coppie di allocutivi dissimmetrici

A) tu/voi, tra Agnese e Lucia, tra Agnese e Menico (in una famiglia di modesta condizione).

B) tu/lei, tra Conte zio e nipote Attilio (in una famiglia nobile); tra Don Rodrigo e il Griso (padrone e servitore).

C) voi/lei, tra Don Abbondio e i parrocchiani (autorità religiosa); tra il Cardinale e Don Abbondio (superiore e sottoposto nella gerarchia ecclesiastica); tra l'Innominato e Lucia (un nobile e una popolana).

 

Bellissimo infine è proprio l'esempio che riguarda i mutamenti di pronome a fine espressivo. Si tratta di un contesto in partenza molto formale e delicato tra un nobile (Don Rodrigo) e un prelato (Fra Cristoforo). La buona cortesia avrebbe voluto che il dialogo proseguisse sull'asse simmetrico e formale lei/lei. Ma Serianni chiarisce proprio che: "un sistema allocutivo reciproco può essere alterato a seconda dell'andamento del colloquio; nel cap. VI il dialogo tra Fra Cristoforo e Don Rodrigo, impostato originariamente sull'asse lei-lei (1-12), assume a un certo punto toni burrascosi: Fra Cristoforo scende al voi ('la vostra protezione...') e, per contraccolpo, Don Rodrigo passa al tu ('come parli frate?' VI 13)." (Serianni 1988, cap. VII par. 86).

Forse è il caso di riportare per ampi passi il noto dialogo, incipit del capitolo VI de I promessi sposi. Qui Manzoni rende esplicito il contrasto tra comportamento esterno e sentimenti interni dei personaggi, giocando abilmente con tutte le possibilità offerte dai diversi pronomi di cortesia. Nel testo abbiamo reso in corsivo tutti gli elementi pronominali di cortesia e quelli, morfologici o sintattici, che riconducono ai pronomi di cortesia.

 

«In che posso ubbidirla?» disse don Rodrigo, piantandosi in piedi nel mezzo della sala. Il suono delle parole era tale; ma il modo in cui eran proferite, voleva dir chiaramente: bada a chi sei davanti, pesa le parole, e sbrigati.

[...] «vengo a proporle un atto di giustizia, a pregarla d'una carità. Cert'uomini di mal affare hanno messo innanzi il nome di vossignoria illustrissima, per far paura a un povero curato, [...].

«Ebbene,» disse don Rodrigo, «giacché lei crede ch'io possa far molto per questa persona; giacché questa persona le sta tanto a cuore...»

«Ebbene?» riprese ansiosamente il padre Cristoforo, al quale l'atto e il contegno di don Rodrigo non permettevano d'abbandonarsi alla speranza che parevano annunziare quelle parole.

«Ebbene, la consigli di venire a mettersi sotto la mia protezione. [...]»

«La vostra protezione!» esclamò, dando indietro due passi, postandosi fieramente sul piede destro, mettendo la destra sull'anca, alzando la sinistra con l'indice teso verso don Rodrigo, e piantandogli in faccia due occhi infiammati: «la vostra protezione! È meglio che abbiate parlato così, che abbiate fatta a me una tal proposta. Avete colmata la misura; e non vi temo più.»

«Come parli frate?...»

«Parlo come si parla a chi è abbandonato da Dio, [...]. Verrà un giorno...»

 

Don Rodrigo era fin allora rimasto tra la rabbia e la meraviglia, attonito, non trovando parole; ma quando sentì intonare una predizione, s'aggiunse alla rabbia un lontano e misterioso spavento. Afferrò rapidamente per aria quella mano minacciosa, e, alzando la voce, per troncar quella dell'infausto profeta, gridò: «escimi di tra' piedi, villano temerario, poltrone incappucciato».

Qui Manzoni sottolinea abilmente il doppio livello comunicativo, linguistico e gestuale, che caratterizza sempre la comunicazione e in particolare un dialogo teso e complesso come questo. I due livelli stridono fortemente l'uno contro l'altro per tutta la prima parte della scena, quando il "suono" delle parole di don Rodrigo è cortese, mentre "il modo con cui eran proferite" è invece l'opposto contrario. Si notino in particolare i riferimenti agli atti e alla posizione dei personaggi: "il modo in cui eran proferite" e "alzando la sinistra con l'indice teso", gesto che resterà ben impresso nella memoria di don Rodrigo. È solo attraverso queste notazioni extradialogiche, del narratore, che il lettore può correttamente comprendere il dialogo, impostato inizialmente sull'asse della cortesia e anticiparne così gli sviluppi teatrali. Dopo le prime schermaglie, infatti, il dialogo non poteva terminare altrimenti che con il necessario riallineamento dei due livelli comunicativi: quello verbale e quello scenico, uscendo fuori dai canoni cortesi. La tensione raggiunge l'apice nelle offese dirette proferite da parte di don Rodrigo: "villano temerario, poltrone incappucciato", per poi sciogliersi nel riabbassare la testa del frate.

 

A cura di Paolo Belardinelli
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

 

Piazza delle lingue: Lingua e letteratura

10 ottobre 2008


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