La storia di Natura morta

In occasione della mostra "La natura morta italiana da Caravaggio al Settecento" si ricostruisce la storia della locuzione.

Risposta

La storia di Natura morta

La storia della locuzione natura morta si svolge tutta in Italia tra la fine dell'Ottocento e il Novecento, come documentano le rare occorrenze nella letteratura italiana ricavabili da LIZ4 e GDLI, che meritano alcune citazioni: "Oltracciò, vi ha un altro legame più ìntimo, che si tentò di celare nel nesso tra la natura ambiente, così-detta «morta» da chi non ha fino l'orecchio, e la storia, il caràttere, il «momento» de gli attori che ne son circondati. Chi conosce il segreto dei pinti romanzi di Hògarth, comprenderà le mie scritte pitture. Il mòbile, la tappezzerìa, la pianta, vi aquìstano un valore psìchico, vi complètano l'uomo, e, da sèmplici attrezzi teatrali, vèngono a far parte integrante del ruolo dei personaggi. Gli è il coro dell'antica tragedia ridotto a forma moderna. D'ogni intreccio, però, quello che credo di non aver trascurato e cui tengo massimamente è l'intreccio fra il mio e l'ànimo de' lettori;... alludo sempre ai non irosi e non disattenti lettori, cioè ai pochi." [C. Dossi, La desinenza in A, 1884]; "Per questo i ritratti per connotati d'uomo o di donna, le prolisse descrizioni di natura viva o di natura morta, che piacquero al Zola, i travasamenti in versi del contenuto di quadri celebri e altrettali esercitazioni da perdigiorni non son punto poesia" [L. Pirandello, Illustratori, attori e traduttori, in Saggi, 1908]; "Beh! Volete del virtuosismo, lo so: volete che vi dipinga le verdure ed i frutti, come fossi un Luca Giordano, che ha delle nature morte di due metri per quattro: piene di zucche, di verze e di peperoni incredibili." [C.E. Gadda, Gli anni, Firenze 1943]. Comunque la prima attestazione dell'uso scritto della locuzione è quella registrata nel Dizionario universale di scienze, lettere ed arti di Michele Lessona e Carlo Valle del 1875 ("N. morta, in pittura, dicesi degli animali uccisi e specialmente della selvaggina, di cui la rappresentazione costituisce un genere particolare di pittura", s.v. Natura).

Diffusasi intorno alla metà del Seicento nei Paesi Bassi, l'espressione still-leven si trova nell'olandese vie coye e nel tedesco stillstehende Sachen. In quest'ultima lingua (e in inglese) però prese piede un'altra espressione Still-leben (con l'iglese Still-life), più funzionale a indicare il carattere di 'natura immobile, statica' da contrapporre a 'modello vivente'. L'ingresso nell'Ottocento di natura morta nella lingua italiana è un debito al francese che ha nature morte  (1756), dove viene coniata con connotazione negativa e poi penetra in italiano con calco di traduzione (ovvero per quel particolare meccanismo per cui la struttura di una parola composta straniera viene riprodotta utilizzando però elementi lessicali già presenti in italiano).

Nei secoli XVI e XVII gli scrittori d'arte italiani erano ricorsi a perifrasi di questo tipo: "riusciva contrafare benissimo... tutte le cose naturali, d'animali, di drappi, d'instrumenti, vasi, paesi, casamenti e verdure" (G. Vasari su Giovanni da Udine in Le Vite de' più eccellenti Pittori, Scultori e Architettori, Firenze, 1568) o "il saper ritrarre fiori ed altre cose minute" (V. Giustiniani, Lettera al signor Teodoro Amideni, ante 1620) (cfr. Grassi 1995).

C'è nel Seicento anche un tentativo di coniare un'espressione ad hoc, in particolare quello di C.C. Malvasia che, inserendosi nella polemica anticaravaggesca dei classicisti, scrive: "Si son posti a seguitare la strada del Caravaggio, che tutta è intenta ad oggetti di ferma, non di moti vivaci, che vengono dall'intelletto, e che si eseguono con il possesso del disegno". (Felsina pittrice, Vite de' Pittori Bolognesi, Bologna, 1678, II, p. 63, citato in Grassi), connotando con una sfumatura negativa il genere pittorico e, per quel che riguarda la storia della lingua italiana, anche la locuzione. Anche nel Novecento non mancano tentativi di coniazioni alternative: "qualcuno ha tentato recentemente di sostituire la locuzione con natura silenziosa o vita silenziosa (calco del ted. Stilleben). Der. naturamortista" (Migliorini 1942).

In un saggio del catalogo della mostra si può rintracciare una spiegazione interessante di questa diaporia tra la situazione linguistica italiana e francese e quella dei paesi del Nord Europa: "In area mediterranea chiamiamo 'natura morta' - anche se ci accorgiamo che mosche, bruchi, farfalle, volatili di ridotte dimensioni, topi, scoiattoli, tartarughe ecc. possono essere presenti nel dipinto, a contorno o contraltare del soggetto principale - una massa di documenti pittorici che ha avuto, nel momento della realizzazione, commesse e ruoli affatto diversi. Se al mondo vegetale e a quello animale aggiungiamo mensole, tavoli, nicchie, finestre, pareti di legno o di pietra di diverse dimensioni, il riferimento dell'immaginario si allarga, fino a proporsi come 'frammento di interno', che all'oggi sembra essere la definizione più adeguata del genere pittorico e in cui certamente è fondamentale la valenza simbolica attribuita all'apparecchio disposto. [...] I pittori 'generisti' realizzano comunque quadri che noi sbrigativamente, almeno in area taliana, etichettiamo appunto come 'natura morta', mentre culture più attente al problema come quelle di lingua tedesca, anche storicamente per motivazioni merceologiche, designano il materiale in relazione alla funzione o al soggetto (cucine, tavole imbandite, avanzi del pasto, trompe-l'oeil ecc.)" (Veca 2003: 53).

Per approfondimenti:

  • GDLI, Grande dizionario della lingua italiana, diretto da S. Battaglia, Torino, UTET, 1961-2002;
  • Luigi Grassi - Mario Pepe, Dizionario di arte, Torino, UTET, 1995;
  • Michele Lessona-Carlo A.Valle, Dizionario universale di scienze, lettere ed arti, Milano, Treves, 1882 [1875].
  • LIZ4, Letteratura italiana Zanichelli, a cura di Pasquale Stoppelli-Eugenio Picchi, Bologna, Zanichelli, 2001;
  • Bruno Migliorini, Appendice al "Dizionario moderno", in A. Panzini, Dizionario moderno, Milano, 1942;
  • Alberto Veca, Ruolo e senso della natura morta, in La natura morta italiana da Caravaggio al Settecento, Einaudi, Electa, 2003, pp. 53-56;

A cura di Mara Marzullo
Redazione Consulenza Linguistica
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