Cachemire, cashmere o kashmir?

Alcuni lettori si rivolgono a noi per avere chiarimenti su quale sia la grafia da usare per indicare il tessuto tratto dalla lana prodotta dalla capra originaria della regione indiana del Kashmīr.

Risposta

 

Cachemire, cashmere o kashmir?

 

Mentre gli italiani non hanno più dubbi su come pronunciare il nome di questo pregiato tessuto di lana pettinata [’kaʃmir], diversi sono i modi fra cui possono scegliere di scriverlo. I più diffusi sono per l’appunto cachemire, dalla più tradizionale grafia francesizzante, e cashmere, all’inglese. Entrambi sono corretti; si può optare per l’uno o l’altro a seconda che si preferisca appoggiarsi all’autorità dei dizionari, che ancora privilegiano cachemire, oppure seguire l’uso attuale, più decisamente orientato su cashmere.

La grafia francesizzante viene implicitamente prescelta dalle più recenti edizioni di popolari dizionari dell’uso, che mettono a lemma principale cachemire: così il Grande Dizionario Hoepli di Aldo Gabrielli (2015), il Devoto-Oli 2017, il dizionario Italiano Garzanti (2017), lo ZINGARELLI 2018, il Vocabolario Treccani on-line; da questa prassi si discosta il GRADIT, che come lemma principale adotta cashmere.

Tutti i dizionari presentano un significativo ventaglio di varianti, che vengono o semplicemente citate sotto il lemma principale o, più spesso, compaiono come entrata autonoma e con rimando al lemma principale; è ad esempio quest’ultimo il caso di ZINGARELLI 2018, che riserva entrate autonome per cascimircascimirracashmerecasimir, casimira, casimiro, casimirra, kashmir, da ognuna delle quali rimanda a cachemire. In ogni modo, i dizionari corredano gli adattamenti di marche d’uso come “non comune”, “disusato”, “raro”, “obsoleto”, che porterebbero a considerarli residuati passivi.

L’abbondanza di varianti testimonia la diffusione e la vitalità della voce straniera, ma anche un indubbio impaccio, per il passato, nel metterla in iscritto. La maggiore difficoltà è data dalla resa del fonema /ʃ/ (corrispondente al suono -sc- in discesa) seguito da consonante, nesso che non è dell’italiano; il fonema /ʃ/, che in passato veniva più facilmente associato al suono di -che- francese (per es. cachet, chef, pastiche), in tempi più recenti, stante la maggiore familiarità con l’angloamericano, è associato al suono che -sh- ha in inglese (per es. crash, shampoo, shopping).

 

Come accennato, se la norma dei dizionari indica cachemire, l’uso vivo, in particolare quello giornalistico, appare coeso nella scelta di cashmere. Spogli personali su riviste di moda mostrano una chiara predilezione per questa forma, che ad esempio risulta pressoché assoluta su Donna moderna (Milano, 1988-) e su Vogue Italia (Milano, 1966-), mentre dalla più longeva Grazia (Milano, 1938-) appare con evidenza il progressivo arretrare di cachemire rispetto al più globale cashmere.

Come specchio di un uso prevalente e ormai consolidato si può anche assumere il motore di ricerca Google Italia, che al momento (settembre 2017) fornisce circa 142 milioni di risultati per cashmere e circa 11 milioni per cachemire; di alta ricorrenza è anche la parola kashmir (83 milioni di risultati), che però andrà più certamente correlata all’omonima regione indiana.

L’attuale maggior fortuna, nell’uso, di cashmere si desume anche considerando i marchi registrati. Fra quelli depositati in Italia dal 1980 al giugno 2017 la parola cashmere compare in 305 casi, cachemire in 35 e kashmir in 22 (il computo comprende sia le occorrenze nella denominazione aziendale – per es. Cashmere Time, Compagnia del Cashmere, Kashmir House – sia nella descrizione di prodotto). Si può pensare che la variante cachemire, pur potendosi fregiare di un plus connotativo di maggior raffinatezza, venga evitata per il rischio di incomprensione; la variante con k- iniziale pare invece puntare sull’esotismo e sul recupero rievocativo del luogo di origine del tessuto.

 

Volgendo alla storia della parola, sappiamo che essa deriva dal nome dalla regione indiana del Kashmīr (ma anche per questo toponimo la grafia è quanto mai varia), regione di provenienza delle capre dal cui vello si ricava la preziosa lana. Parallelamente al tessuto, che, di lavorazione inglese, approdò in Italia e specialmente in Lombardia tramite la Francia, la parola che lo denominava ci sarebbe arrivata tramite il fr. casimir, che a sua volta l’aveva tratto dall’ingl. cassimer.

Secondo le fonti lessicografiche la prima attestazione della parola in italiano risalirebbe al 1797, quando, nella forma casimir, veniva registrata nel Dizionario universale critico-enciclopedico del D’Alberti di Villanova; nella stessa forma, il panno casimir si trovava però già dal 1787 sul “Giornale delle Nuove Mode di Francia e d’Inghilterra” (Milano, 1786-1794). La piena entrata in moda del casimir si sarebbe invece avuta solo con gli anni Trenta dell’Ottocento, come testimoniano le centinaia di attestazioni che a partire da questo periodo compaiono sul “Corriere delle Dame” (Milano, 1804-1875). Su questa fortunata rivista, alla prevalente scrizione cachemire si affiancano cascimir, cascemir, cascemiro, casimir, casimiro, adattamenti che dovevano essere di più sicura circolazione popolare: lo dimostrano le attestazioni nei vocabolari dialettali – per cui, limitandoci a qualche esempio, si va dal milanese casimìr al siciliano casimirri, dal sardo casimìru al veneziano casimìr – e alcune registrazioni ottocentesche (la voce, stranamente sfuggita alla lessicografia antibarbara, è per es. attestata nel Nòvo dizionàrio universale della lingua italiana [1887-1891] del Petrocchi, che la ritiene dell’uso, nelle varianti cascimirra, casimira ecasimirra).

Più tarda, al momento da fissarsi al 1892, la prima attestazione in italiano di cashmere, anche se la forma doveva rimanere minoritaria almeno per tutta la prima metà del Novecento, se le otto edizioni del Dizionario moderno (1905-1942) del Panzini continuavano a riportare cachemire o eventualmente l’adattamento casmir, e se lo stesso facevano alcuni repertori di epoca fascista improntati a direttive xenofobe, come il Commentario-Dizionario italiano della moda (1936) di Cesare Meano, il Dizionario di esotismi (1939) di Antonio Jàcono e l’Autarchia della lingua (1940) di Adelmo Cicogna. Stando agli spogli campionari sui sopracitati giornali di moda, il vero passaggio di testimone da cachemire a cashmere sembra potersi collocare a cavallo tra la fine degli anni Ottanta e i primissimi anni Novanta del Novecento, dunque un secolo dopo la prima apparizione della forma cashmere.

 

Giuseppe Sergio

 

6 ottobre 2017


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