Alinea, capoverso, comma, paragrafo

Pensiamo di fare cosa utile proponendo ai nostri utenti un testo di Paolo D'Achille pubblicato sul n. 41 (ottobre 2010) della nostra rivista La Crusca per voi a proposito delle possibili articolazioni di un testo scritto e della terminologia relativa.

Risposta

«Marco Palieri chiede chiarimenti sulle specificità dei termini alinea, capoverso, comma, paragrafo e indicazioni per un loro uso corretto.

 

Alinea, capoverso, comma, paragrafo

 

La domanda del nostro lettore fa riferimento alla terminologia attualmente in uso, soprattutto in vari linguaggi settoriali e tecnici (la tipografia e l'editoria, ma anche il diritto e la linguistica testuale), per indicare le possibili articolazioni del testo scritto (cartaceo oppure in rete). Il testo scritto infatti - tranne casi particolarissimi (sostanzialmente limitati alla diaristica o alla prosa narrativa, soprattutto là dove l'autore vuole fissare per scritto il flusso dei pensieri dei suoi personaggi, come nel "monologo interiore") - si articola (o si dovrebbe articolare) in blocchi, che servono sia a facilitare la lettura (che sarebbe disagevole se il testo si presentasse troppo "compatto"), sia a strutturare meglio i temi e i sottotemi di cui si tratta.

 

All'elenco proposto manca un termine, quello di accapo (dalla locuzione a capo, che può avere lo stesso valore, ma che è usata soprattutto nella dettatura, dopo punto), che indica il cambio di riga e quindi la conclusione di una porzione del testo. L'operazione di andare a capo è tutt'altro che facile e infatti i testi scritti da chi non ha molta familiarità con la scrittura, come per esempio i temi scolastici degli alunni alle loro prime prove o le lettere di semicolti (quelle in "italiano popolare" dei soldati al fronte o degli emigrati all'estero ai loro familiari), sono spesso privi di accapo. In alcuni tipi di testi medievali scritti in latino ogni accapo iniziava con l'avverbio item 'allo stesso modo, ugualmente' e da qui il termine item, pronunciato all'inglese /'ajtem/, è entrato in informatica, nel senso di 'dato o insieme di dati di un programma considerati unitariamente', e in linguistica, per indicare il singolo elemento di un elenco, di un articolo, ecc.

 

Ma torniamo ai termini indicati dal signor Palieri e precisiamone il significato procedendo in ordine cronologico.

 

Il più antico è paràgrafo, documentato già nel Duecento e oggi indicato spesso con l'abbreviazione par. (o anche col simbolo §), che costituisce un adattamento del latino tardo paragraphu(m), a sua volta dal gr. parágraphos, composto di parà 'vicino' e -graphos 'relativo alla scrittura', da graphía. Oggi per paragrafo si intende ciascuna delle parti in cui sono suddivisi i capitoli di un'opera. Il paragrafo (come del resto il capitolo) ha spesso un proprio titolo, e può a sua volta articolarsi in vari sottoparagrafi, che trattano temi più specifici e particolari nell'àmbito dello stesso argomento; questi, a loro volta, possono suddividersi in sotto-sottoparagrafi (ma, in genere, non si scende oltre un certo livello, se non in testi scientifici altamente formalizzati). Anche in mancanza di titolo, ogni paragrafo è individuabile dalla spaziatura che lo separa da quello precedente e, soprattutto, dalla numerazione progressiva (che può affiancare il titolo). È tuttora diffuso l'uso di indicare i capitoli in numeri romani e il paragrafo in cifre arabe: abbiamo così, per es., cap. V, par. (o §) 6. Ancora più frequente è il cosiddetto ordinamento decimale, che adotta sempre le cifre arabe, separando con un puntino quella del capitolo da quelle del paragrafo: abbiamo quindi, invece dell'esempio precedente, 5.6. e, se ci sono anche sottoparagrafi, 5.6.1., 5.6.2., ecc.. Talvolta (soprattutto per influsso dell'inglese) si usa (impropriamente) paragrafo come sinonimo di capoverso.

 

Questo termine, composto di capo 'inizio' e verso 'riga' (il plurale corretto è capoversi; la possibile abbreviazione cpv.), è attestato a partire dal Trecento e nel linguaggio della filologia e della critica letteraria indica il primo verso di una poesia (utile per identificarla specie quando è priva di titolo) o di una strofa. In un testo in prosa per capoverso si intende l'inizio di un blocco di testo separato dal precedente da un punto e a capo. In questo caso, come si è detto, il termine ha a volte come sinonimo paragrafo; ma l'uso è improprio, perché in ogni paragrafo, naturalmente, ci possono essere più capoversi. Per estensione, il termine capoverso indica anche l'intero periodo (o meglio blocco di testo, costituito da uno o più di un periodo) compreso tra un accapo e l'altro. Nel linguaggio giuridico capoverso è usato anche come sinonimo di comma.

 

Comma (il cui plurale è commi) risale al sec. XVII e deriva, attraverso il latino, dal greco kómma 'frammento, brano', a sua volta dal verbo kópto 'tagliare'. Il termine è usato soprattutto nel linguaggio giuridico, dove per comma (abbreviato c.) si intende ogni singola parte, graficamente distinta da un accapo e progressivamente numerata, di un articolo di legge, di un regolamento, di un contratto o di un altro documento redatto in articoli (e detto perciò articolato). Si può quindi dire che il paragrafo stia al capitolo come il comma sta all'articolo, rappresentandone una suddivisione interna. Sia gli articoli sia i commi hanno una numerazione progressiva in cifre arabe, ma solo gli articoli hanno un titolo. È forse opportuno precisare che in testi di carattere legislativo vari articoli possono essere compresi in titoli, numerati progressivamente in numeri romani e recanti anch'essi (come dice il loro nome) un titolo. La numerazione degli articoli è però progressiva e prescinde da quella dei titoli; invece la numerazione dei commi ricomincia a ogni nuovo articolo.

 

Quanto ad alìnea, maschile invariabile (ultimo alinea, i vari alinea), si tratta di un termine più recente, entrato in italiano all'inizio dell'Ottocento (o poco prima) attraverso il francese: deriva infatti dal francese alinéa, attestato già nel sec. XVII e a sua volta tratto dal latino medievale a linea 'da capo'. Sebbene oggi meno frequente degli altri esaminati, il termine (abbreviato come al.) è usato sia in tipografia, come equivalente di capoverso, sia nel diritto, come sinonimo di comma.

 

Come risulta da questa sommaria rassegna, non mancano aree di sovrapposizione tra i vari termini e la scelta per l'uno o per l'altro può variare anche a seconda delle tradizioni delle singole case editrici o scuole giuridiche. In generale, si può dire che la struttura dei testi giuridici è titolo - articolo - comma (o capoverso o alinea); quella degli altri testi: capitolo, paragrafo, capoverso (o accapo o alinea)».

 

Paolo D'Achille

25 febbraio 2011


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