Il nome degli abitanti dell'Ecuador

Un quesito che viene posto ciclicamente al servizio di consulenza linguistica riguarda la forma corretta per definire un 'cittadino dell'Ecuador'. L'ultimo, in ordine di tempo, a richiedere delucidazioni in merito, è Luca Zeppegno ( Milano). Alla domanda ha risposto l'accademico Piero Fiorelli sulla rivista La Crusca per voi (n. 37, ottobre 2008). In coda alla trattazione del professor Fiorelli abbiamo ritenuto opportuno aggiungere una breve chiosa, curata da Vera Gheno, che renda conto delle indicazioni fornite dai dizionari usciti negli ultimi anni.

Risposta

Il nome degli abitanti dell'Ecuador

«La linea immaginaria dell'equatore ha supplito in più d'un'occasione alla mancanza di fantasia dei conquistatori e colonizzatori di terre lontane, quando si è trattato di dare un nome a stati e province toccati o sfiorati da quella stessa linea. Sono nate così la provincia dell'Équateur nell'angolo nordoccidentale della Repubblica democratica del Congo (già Zaire, già Congo Belga), dov'è lingua ufficiale il francese (capoluogo Mbandaka, già detta Coquilhatville, sotto i belgi, o anche Équateurville); la provincia dell'Equatoria, oggi sdoppiata in Occidentale e Orientale, la più meridionale della Repubblica del Sudan, non così meridionale però da spingersi più in giù del 4° parallelo (il nome, prescindendo dai confini esatti, è già ottocentesco); infine, e prima di tutto, la Repubblica dell'Ecuador, nata nel 1830 quando dal corpo della più vasta Colombia, repubblica anch'essa di fresca indipendenza dall'impero spagnolo, fondata nel 1819, si staccarono da una parte le regioni orientali, che formarono il Venezuela, e dall'altra il territorio più a mezzogiorno, sede un tempo dell'antico regno indigeno che aveva avuto per capitale Quito, la città posta quasi esattamente sulla linea dell'equatore: donde il nome del dipartimento colombiano in quegli anni di trapasso e il nome della repubblica nascente. Tutti questi nomi sono stati a lungo, in Italia, scritti in forma italiana: non soltanto l'Equatoria, la cui grafia d'origine inglese non ha bisogno d'adattamenti, ma anche la provincia dell'Equatore e lo stato dell'Equatore. Poi però, nel corso del Novecento e con moto più accelerato intorno alla metà del secolo, queste due forme sono uscite dall'uso, lasciando libero il campo al mantenimento, anche in testi italiani, di quelle che sono le forme ufficiali nelle lingue originali; e dunque Équateur, Ecuador. In quest'ultimo caso, di gran lunga il più conosciuto e il più ricorrente, gli stessi francesi hanno rinunziato, ma senza la nostra fretta, alla forma Équateur, République de l'Équateur, così come i tedeschi hanno rinunziato alla forma Ekuador, un tantino bastarda. Gl'inglesi si erano allineati già prima alla forma ufficiale spagnola, riservandosi magari la libertà d'imbastardirla nel lèggere col far sentire un accento ritratto sulla prima sillaba; e buon pro gli faccia. In fatto d'accentazione càpita che di quando in quando vengano imitati anche da italiani, e questo senza nessun pro; i quali sfoggiano pronunzie come Ècuador, Sàlvador e così via, e non lo fanno per anglofilia, in fondo, ma piuttosto perché per leggervi in trasparenza parole nostrane come equatóre o salvatóre in forma troncata ci vorrebbe un minimo d'intùito: cosa che non si può chiedere a tutti.

 

Al nome spagnolo dell'Ecuador come stato corrisponde in quella lingua, come etnico, l'aggettivo e sostantivo ecuatoriano, al modo stesso che al nome della linea dell'ecuador corrisponde l'aggettivo ecuatorial. L'alternanza tra una sorda e una sonora, tra un -t- e un -d-, non deve stupire. I due derivati, di formazione dotta, riproducono nella terza sillaba la dentale sorda del latino; se invece il nome ecuador la sonorizza, pur essendo anch'esso un termine dotto, è solo perché in questo particolare si è allineato ai tantissimi deverbali in -ador, quali educador 'educatore', cazador 'cacciatore', juzgador 'giudicatore'. Non sono casi proprio identici, ma in fondo anche in italiano si può avere litorale accanto a lido, abate accanto a badessa, vescovato in alternanza con vescovado. La forma ecuatoriano in lingua spagnola è stabile, nonostante l'apparente dissimmetria rispetto al toponimo, ed è l'unica usata, oggi come in passato: una scorsa ai giornali spagnoli di questi ultimi anni e mesi permette d'assicurarsi che le occasioni di nominare gli ecuatorianos sono ancóra frequenti e che non ci sono variazioni di forma. Il pubblico italiano di due secoli fa cominciò ad aver notizia del nuovo stato americano, di seconda e terza mano, quando l'indipendenza già chiesta a gran voce non era ancóra stata ottenuta: "Equatore, dip[artimento] della nuova repubblica di Colombia", si leggeva nel Nuovo Dizionario geografico portatile del celebre Malte-Brun, traduzione e riduzione italiana del 1827. "Equatore, Ecuadra o Enador", si poteva lèggere nel 1828 in un Nuovo Dizionario geografico universale compilato da "una società di dotti", fin troppo dotti se si guarda ai refusi di cui riuscivano a non accorgersi (e li confermavano in due voci di rinvio). "Equatóre, o Ecuàrda", proprio così, era chiamato il dipartimento ancóra alla vigilia dell'indipendenza, 1830, nel Dizionario universale della lingua italiana di Carlo Antonio Vanzon. Ma queste aperture verso forme spagnole (fraintese) non dovevano per allora avere un séguito. Il nome di Equatore ritorna regolarmente in atlanti e repertori italiani di tutto il secolo. C'è di più. Monsignor Pietro Gasparri, il futuro cardinale, che stette là come delegato apostolico dal 1898 al 1901, parla nelle sue relazioni di Repubblica dell'Equatore e di Chiesa equatoriale, con uno sforzo, si direbbe, di rifarsi a un criterio d'analogia in mancanza d'un aggettivo specifico d'uso corrente. Nel corso del Novecento, le maggiori opere di consultazione italiane danno una migliore idea dei nomi e delle varianti che hanno effettivamente circolato nel nostro paese. L'Enciclopedia italiana, nel suo volume XII uscito nel 1932, intitola una bene articolata voce all'Ecuador, solo in questa forma, e per l'etnico si serve nei primi paragrafi sei volte di ecuatoriano alla spagnola ma con incongrue desinenze italiane nei plurali, poi quindici volte di ecuadoriano nei paragrafi successivi (economia, archeologia, arte). L'etnico ricorre un'ultima volta come ecuatoriano nell'appendice del 1948; le appendici più recenti hanno solo ecuadoriano, quattro volte nel 1960, due nel 1978, sei nel 1992, due nel 2000. Il Dizionario enciclopedico italiano (1956) conosce pure la sola forma ecuadoriano, pur registrando in parentesi "it[aliano] Equatóre" di séguito al nome Ecuador; ugualmente ecuadoriano la sua ultima riedizione, la Piccola Treccani (1995), che lascia cadere quell'equivalenza italiana. Il Calendario-atlante De Agostini, che cent'anni fa segnava Equatore nella cartina, alternando Equatore ed Ecuador nel commento, da almeno mezzo secolo e forse da molto di più non dice altro che Ecuador coll'etnico ecuadoriano. Così pure Gli Stati del mondo del Touring (1934), commento geografico-statistico all'Atlante internazionale, e l'enciclopedia geografica Il Milione della De Agostini (1964) conoscono solo Ecuador, solo ecuadoriano. Si potrebbe dire che la questione del nome degli abitanti fosse di fatto risolta; e che le forme diverse fossero cadute in prescrizione. Ma qualche scrupolo rimane; e vediamo perché. Non sarebbe giusto trascurare i dizionari, in primo luogo i bilingui italo-spagnoli. Allo spagnolo ecuatoriano il Melzi-Boselli, il Bacci-Savelli, l'Ambruzzi, il Carbonell, i più accreditati sul nostro mercato nei vari periodi del Novecento, fanno tutti corrispondere una forma che non s'era trovata ancóra, equatoriano: e quella sola. Invece, il più recente e più abbondante dizionario di Laura Tam (1997) gli fa corrispondere, messi alla pari, ecuadoriano e equadoregno. Dizionari italo-francesi, italo-inglesi, italo-tedeschi di dopo il 2000 vanno tra loro d'accordo nel dare ecuadoriano per equivalente di équatorien, di ecuadorian, di Ecuadorianer; e sempre ecuadoriano, in altri bilingui degli ultimi dieci o dodici anni, è dato per equivalente dell'esperanto ekvadorano, del nederlandese ecuadoriaan, del polacco ekwadorski, del russo ekvadorec. Ma dei maggiori dizionari bilingui appena un po' meno recenti, l'italo-francese Robert-Signorelli (1981) a ecuadoriano affianca equatoriano; tra gl'italo-tedeschi il Sansoni (1970) parimenti equatoriano, il Langenscheidt-Paravia (1996) invece equadoregno. E l'italo-portoghese di Giuseppe Mea (1990) mette a fronte il portoghese equatoriano (non dimentichiamo che in passato il Brasile ebbe pure l'Equador, scritto così, tra i suoi stati confinanti) e l'identico italiano equatoriano, nuovamente, oltre che ecuadoriano.

 

Non trascuriamo infine i dizionari della lingua italiana. Sono pochi quelli che registrano gli etnici in generale, quando non abbiano qualche valore caratteristico nel lessico comune; ma tra quei pochi si ritrovano i più ricchi e recenti. Danno tutti, senza eccezione, la forma ecuadoriano. Ma uno di loro, il Sabatini-Coletti (1997), aggiunge la variante equadoregno, già trovata, attribuendole una data di prima attestazione 1965, e altri tre, il De Mauro (1999), il supplemento del Battaglia (2004), il nuovo Zingarelli (2005), aggiungono, della stessa variante, una forma grafica prevedibile ma non trovata fin qui, ecuadoregno. Non manca a nessuno, come si è detto, ecuadoriano. A quest'ultima forma, dominante in pratica come s'è visto, hanno dunque fatto o fanno ancóra concorrenza in teoria le altre forme ecuatoriano, equatoriano, ecuadoregno, equadoregno. Non è difficile analizzarle, per poter soppesare le loro caratteristiche, quali più e quali meno rispondenti alle opportunità dell'uso italiano. La prima consonante, di cui non è in discussione il suono, si vede scritta in tre casi -c- alla spagnola, in altri due -q- all'italiana. La seconda consonante, in tre casi -d- conforme al toponimo di riferimento, negli altri due -t- conforme all'etnico qual è nella lingua originale. Il suffisso è tre volte -iano, ugualmente regolare nell'una e nell'altra lingua, due volte invece -egno, che sarebbe spagnolo se fosse scritto -eño, e sarebbe possibile nella nostra lingua solo come trasposizione di quello. Un chiarimento, proprio sull'ultimo punto. Finiscono in -eño diversi etnici abbastanza conosciuti, panameño, salvadoreño, hondureño, tutti dell'America latina, resi correttamente in panamegno, salvadoregno, onduregno (meno bene, mezzo e mezzo, honduregno), da chi apprezzi quel tanto di colore locale; salvo che il primo è in concorrenza con panamense, e il secondo qualche volta con salvadoriano... Aggiungiamoci estremegno, nome italiano (senza varianti) degli abitanti dell'Estremadura, la regione di confine tra Spagna e Portogallo: corrisponde benissimo allo spagnolo extremeño non meno che al portoghese estremenho. Aggiungiamoci pure madrileño e malagueño, riferiti alle città di Madrid e di Málaga e resi con poca fortuna come madrilegno e malaghegno: il primo dei due, in particolare, è passato a madrileno a causa d'un equivoco nella lettura, congiunto ll'attrazione di nomi etnici d'un'altra e nobilissima serie quali abideno, antiocheno, damasceno, gadareno, lampsaceno, nazareno, nazianzeno, niceno, palmireno, pergameno (per tacere, da una parte, del moderno e tutt'altro che classico iracheno, e dall'altra degli etnici di Magdala in Galilea e di Nepomuk in Boemia che compaiono senza parere nei nomi di santa Maria Maddalena e di san Giovanni Nepomuceno). E aggiungiamoci ancóra, se si vuole, lo spagnolo chileno, che ha pure avuto una variante chileño, ma in italiano è solo cileno.

 

Il fatto è che lo spagnolo non conosce nessun ecuadoreño; e quel travestimento all'italiana, col suo invito ammiccante a sognare di pistoleros e di sombreros, si rivela in realtà per uno di quegli esotismi che costan poco a fabbricarsi, ma valgono ancóra meno: tipo vitel tonné, per intendersi. Colla stessa facilità o faciloneria à stato ultimamente formato in Italia un altro etnico sudamericano con cui chi l'usa vorrebbe farsi passare per più spagnolo degli spagnoli, paraguegno per paraguayano o paraguayo, in italiano paraguaiano. Si deve riconoscere però che anche le parole inesistenti hanno qualche loro forma d'esistenza sul limite tra il linguistico e il metalinguistico: ricordo d'aver sentito alla televisione italiana, mesi fa, una signora sudamericana che diceva d'essere venezuelana (e può andar bene per i nostri orecchi, non per i suoi, con quel dittongo: tal quale uno di Siena che dicesse d'esser sienese come si direbbe in Inghilterra): quella signora appunto, parlando la nostra lingua, nominava gli equadoregni. Probabilmente pensava che il pubblico italiano è così poco serio e così portato all'approssimazione da meritare, anzi da gradire trattamenti del genere. Chissà che non avesse ragione: se si mette a confronto in che modo gli spagnoli fanno uso della loro lingua, e in che modo noi della nostra, sembra che del parlare italiano l'ostentazione della sciatteria sia una componente essenziale. Aggiungo un altro ricordo, che è di cinquant'anni fa: di quando una volta mi sentii domandare da un bravo giovane, giornalista della radio, se gli abitanti del Brasile si chiamassero brasileni o brasileri: domanda che ha certo un suo fondamento, perché qualcuno può volersi avvicinare (solo avvicinare) al portoghese brasileiro e qualcun altro allo spagnolo brasileño; ma vidi che si sentiva mortificato quando gli ebbi risposto brasiliano. Un'occasione sfumata di sfoggiare un elegante esotismo...

 

Qualche conclusione? Mah. Ecuatoriano è la forma spagnola, non si discute; ma chi si sentisse d'usarla in contesti italiani dovrebbe per coerenza usare i plurali -nos, -nas, riconoscendo che i nostri -ni, -ne vanno poco d'accordo con quel -c- della seconda sillaba; e poi dovrebbe domandarsi per quale motivo lasciare nella forma d'uso locale un etnico di radice latina e di formazione cólta: il caso non è davvero paragonabile con quello di popolazioni indigene di là come i chibchas o i jívaros, note ad antropologi ed etnologi. Equatoriano, coi plurali -ni, -ne, sarebbe la forma ideale per chi volesse conciliare ragionevolmente morfologia spagnola e ortografia italiana, al costo però d'una riconoscibilità ridotta: è istintivo che faccia pensare alla linea dell'equatore piuttosto che al popolo dell'Ecuador, e non è un caso se non ha potuto attecchire. Equadoregno o ecuadoregno sarebbe all'opposto una forma ideale per chi, passando sopra alle ragioni dell'una e dell'altra lingua, volesse dare veste italiana a quello che non è il nome spagnolo ma molti italiani possono fantasticare che sia. Ecuadoriano, infine, formato com'è con un suffisso non molto caratteristico ma comune con minime variazioni alle maggiori lingue di cultura, innestato sopra il nome ufficiale della repubblica internazionalmente accettato, ha il vantaggio di garantire un immediato riconoscimento e di rimuovere le possibili incertezze di scelta. Disturba un poco quella grafia -cua- dove ci si aspetterebbe -qua-: nella nostra lingua siamo avvezzi alle lettere che possono avere due pronunzie, è meno frequente il caso dell'unica pronunzia con grafie diverse da una parola all'altra. Ecuadoriano, comunque sia, sembra avere quel minimo di requisiti essenziali che giustifica la sua prevalenza nell'uso.»

Piero Fiorelli 

 

A quanto scritto dal professor Fiorelli aggiungiamo alcune osservazioni che derivano dalla consultazione dei maggiori vocabolari italiani nelle edizioni più recenti.

 

Il GRADIT 2007 cita, accanto a ecuadoriano, ecuadoregno come sinonimo, spiegandone curiosamente l'etimologia come "dallo spagnolo ecuadoreño", forma che, invece, come specificato anche dal professor Fiorelli, pare non esistere, almeno a livello ufficiale: il Diccionario de la lengua española - Vigésima Segunda Edición, a cura della Real Academia Española, riporta esclusivamente la forma ecuatoriano; con Google, limitando la ricerca a contesti di lingua spagnola, si trovano solo 381 risultati per ecuadoreño, 1.170 per ecuatoreño e 4.360 per ecuadoriano, forme quindi assolutamente minoritarie rispetto a ecuatoriano , con 11.700.000 occorrenze. Un minimo grado di oscillazione sembra comunque esistere, apparentemente, anche in spagnolo.

 

Il Sabatini-Coletti 2008 riporta ecuadoriano ed equadoregno, spiegando il suffisso -egno come formato sul suffisso spagnolo -eño e senza indicare nessuna prevalenza di una forma rispetto all'altra.

 

Lo ZINGARELLI 2011 ha ecuadoriano e le due forme, poste in alternanza, ecuadorégno/equadorégno, definite come "formazione pseudo-spagnola per lo spagnolo ecuatoriano".

 

Il Devoto-Oli 2012 registra ecuadoriano ed equadoregno, senza fornire spiegazioni sull'origine di questa seconda variante.

 

Il Vocabolario Treccani riporta infine ecuadoriano ed ecuadoregno (forma, tra l'altro, che gli altri dizionari consultati non riportano, preferendole la variante con la -q-), indicandolo come pseudoispanismo.

 

Per finire, verifichiamo la diffusione in rete delle dodici varianti teoricamente possibili per l'italiano; ricorrendo ancora a Google, e limitando stavolta la ricerca a pagine scritte nella nostra lingua, si hanno i seguenti dati:

 

  • ecuadoriano: 105.000
  • equadoriano: 7.590
  • ecuatoriano: 51.200
  • equatoriano: 9.290
  • ecuadoregno: 17.000
  • equadoregno: 7.910
  • ecuatoregno: 33
  • equatoregno: 61
  • ecuadoreño: 969
  • equadoreño: 267
  • ecuatoreño: 7
  • equatoreño: 1

 

Prevale nettamente ecuadoriano, assieme alla forma che ricalca l'originale spagnolo ecuatoriano (che i dizionari dell'italiano non contemplano), mentre ecuadoregno è più diffusa di equadoregno, che tra le due forme "in concorrenza", quella con la -c- e quella con la -q-, sarebbe invece quella meno registrata dai dizionari.

 

Concludendo, la forma ecuadoriano, pur essendo filologicamente più corretta (e maggiormente attestata in italiano, sia in diacronia - è presente dal 1923 - che in sincronia) rispetto alla variante in -egno (risalente all'incirca alla metà degli anni '90 del XX secolo) , non viene indicata dai vocabolari come preferibile nell'uso, anche se la maggior parte dei dizionari segnala la caratteristica di "pseudoispanismo" di equadoregno o ecuadoregno.

 

Piazza delle lingue: L'italiano fuori d'Italia

13 maggio 2011


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