Sul genere grammaticale di euro

Ci sono giunte diverse domande circa l’uso al femminile della parola euro. I nostri lettori ci chiedono se possano essere ritenute corrette frasi come: “hai una cinque euro?” o “attingono dalle 800 mila euro stanziate”. 

Risposta

 

Sul genere grammaticale di euro

 

Già prima dell’entrata in vigore della moneta unica europea, ci siamo interrogati su quale fosse o dovesse essere il plurale di euro e a lungo se n’è dibattuto. I fautori del plurale euri si sono scontrati contro i sostenitori dell’invariabilità del termine (appoggiata a una direttiva europea) e il dibattito ha coinvolto i linguisti tanto quanto il resto degli italiani. Il genere grammaticale della nuova moneta, invece, non ha creato incertezze e, con naturalezza, si è accostata la parola euro agli altri vocaboli italiani terminanti in -o, attribuendole quindi il genere maschile.

Tuttavia, già dai primi anni Duemila, sono attestati casi in cui il termine occorre al femminile, come notato da alcuni nostri lettori. Si tratta di esempi in cui il genere non è espresso da una marca morfologica, dato che euro è invariabile, ma dall’accordo con altri elementi della frase (come articoli, aggettivi, participi passati). Di seguito alcuni esempi che, sebbene riportino un discorso diretto, sono apparsi su quotidiani o riviste:

Un chilo e mezzo di bollito costa intorno alle 15 euro, un chilo di tortellini da fare in brodo costa sulle 12 euro, sulle 30 euro capponi, polli o tacchini farciti pronti a cuocere, per l’arrosto a corona ci si ferma alle 20 euro. (Tortellini e bollito, menu a 60 euro, “Il Mattino”, 13/12/2017)

Professore, ce le ha 5 euro? Mi chiedono gli studenti, io dico: sì, ce le ho, però scusate, 5 euro sono tante (M. Fillioley, Generazione “shoppona”, 19/01/2017, “IL” 88)

Il fenomeno oggi appare piuttosto frequente, nonostante resti marginale rispetto all’uso del maschile e scarsamente attestato su pubblicazioni cartacee. Per avere un’idea, si pensi che per la sola espressione “le 20 euro” Google attesta circa 24.000 occorrenze (in data 26/01/2018). Un numero che resta comunque notevolmenteinferiore alle 115.000 occorrenze del maschile “i 20 euro”. Riportiamo nella tabella seguente altri esempi con le relative frequenze estratte da Google.

        

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Per la nostra analisi possiamo individuare due gruppi di usi: un primo gruppo in cui il femminile appare determinato da un’ellissi, ovvero dall’omissione di un termine come banconota, moneta (che spiega l’articolo singolare); un secondo in cui ci si riferisce alla somma (e dunque espressa con l’articolo plurale).

Nel primo caso, usando la frase seguente come esempio, “la 20 euro” è parafrasabile con  “la banconota da 20 euro”:

Se, ad esempio, una borsa contraffatta, quasi identica ad una costosissima griffata viene venduta per 80 euro, non sarà difficile passare all'ignaro cliente, magari un turista, la 20 euro falsa. (M. Chiarelli, Spaccio di 20 euro falsi in azione una banda che utilizza i migranti, “la Repubblica” 19/08/2017)

Qui il femminile è giustificato dall’ellissi del sostantivo banconota, con cui l’articolo si accorda, come correttamente ipotizzato dai nostri lettori.

Nel caso di euro, molti usi femminili al singolare sono riconducibili a tale fenomeno. Ne è una conferma la maggiore frequenza con numerali che indicano i tagli delle nostre banconote. Se cerchiamo su Google l’espressione “la 20 euro” avremo circa 15 mila risultati, mentre per “la 30 euro” (taglio di banconote inesistente) otteniamo un migliaio di risultati, per lo più dovuti a errori di segmentazione della stringa, come ad esempio “taglia L a 30 euro”. In tal caso l’accordo al femminile non è un errore, nonostante si rintraccino usi simili anche al maschile (per i quali si possono sottintendere i termini taglio, pezzo o foglio): “è arrivato il momento anche per il 50 euro di cambiare aspetto”.

L’ellissi, tuttavia, non spiega tutti i casi attestati.

Per alcuni si potrebbe supporre che il femminile sia dovuto a un semplice errore di accordo. Nella frase seguente, ad esempio, l’aggettivo complessive potrebbe essere stato accordato al precedente sostantivo femminile spese, piuttosto che a euro (come dovrebbe).

Condanna l'Amministrazione intimata al pagamento, in favore del ricorrente, delle spese del giudizio, liquidandole in complessive Euro 1.000 ( mille )

In realtà, nella maggior parte delle numerose attestazioni, il femminile sembra essere usato intenzionalmente. In periodi come

Anche perché è possibile mantenersi sotto le 30 euro facilmente.” (Itwac corpus)

sistemi protettivi il cui costo si aggira sulle 600 euro a volontario (Itwac corpus)

non è presente nessun altro referente femminile che possa aver sviato il parlante, e tantomeno è possibile sottintendere un termine come banconota o moneta. Molte occorrenze, per la maggior parte al plurale, necessitano di un’altra spiegazione.

La questione era stata già oggetto di studio da parte di Anna Maria Thornton che nel 2006 le dedicava un articolo su “Lingua Nostra”. Per spiegare questi usi la linguista proponeva in primo luogo l’associazione con il sostantivo lira, la vecchia moneta probabilmente ancora presente nella mente dei parlanti. Dello stesso avviso era anche Sgroi (2010:169-170), il quale descriveva lira quasi come un traducente di euro, termine sentito come voce straniera (ed etimologicamente tale). Spesso, infatti, si attribuisce a termini stranieri il genere della parola italiana che dovrebbe tradurli (sul genere dei forestierismi si veda anche la scheda di Raffaella Setti). Anche Leone (2008) concorda con la teoria della Thornton e ritiene che questi usi spariranno con la crescita delle nuove generazioni che non hanno conosciuto il vecchio conio. Da una breve indagine preliminare svolta tra i nati nei primi anni ’90, però, sembra che alcuni usi al femminile di euro siano accettabili anche per parlanti di queste ultime generazioni, che hanno avuto un rapporto più breve con la precedente valuta. Il ricordo della lira potrebbe non essere una motivazione sufficiente.

Una seconda spiegazione, anch’essa proposta da Thornton, riguarda l’influenza di altri nomi invariabili in -o. Euro, che mantiene la stessa uscita in -o al singolare e al plurale,verrebbe usato al femminile per associazione con gli altri sostantivi dello stesso tipo  che, secondo la linguista, sarebbero in maggioranza femminili. Si pensi a nomi come moto, foto, flebo, di genere femminile e invariabili al plurale (per altri casi, si veda D’Achille e Thornton 2008). La spiegazione appare plausibile, anche se D’Achille (2007) presenta molti casi di nomi invariabili in -o di genere maschile, come prestiti (il/i video, il/i distinguo, il/i mambo, il/i domino, il/i casinò), accorciamenti (il/i frigo), composti (lo/gli spartitraffico, il/i fuoricorso, il/i dopoteatro, il/i didietro), e molti altri ancora.

Una terza motivazione è fornita da Sgroi (2010: 169-170), secondo il quale euro sarebbe accordato al femminile in quanto forma abbreviata di una voce complessa come euro-moneta. Una simile ipotesi sarebbe più convincentese questa forma fosse l’etimo stesso del termine euro, ben accessibile per questo alla mente dei parlanti. Euro, invece, è stato introdotto come forestierismo, un prestito probabilmente di origine inglese (sull’etimo di euro si veda Gomez Gane 2003, Sgroi 2010). Per tale ragione lo stesso Sgroi propende maggiormente verso l’associazione con lira.

Dobbiamo notare, tuttavia, come le occorrenze femminili siano ristrette acontesti specifici, ovvero ai casi in cui euro è preceduto da un numerale. Anche chi produce frasi come “intorno alle 60 euro” probabilmente non sostituirebbe, negli esempi seguenti, “gli euro” con “le euro”:

Abbiamo anche chiesto se è possibile cambiare gli euro in dollari (Itwac corpus)

In questo articolo trovi suggerimenti utili su come riconoscere gli euro falsi (Itwac corpus)

O, ancora, “molti euro” con “molte euro”:

per qualche ora potrebbe fruttargli molti euro  (Itwac corpus)

Osservando i dati provenienti dai corpora Itwac e Paisà, entrambi costituiti da testi estratti dal web, notiamo subito come per questi casi siano quasi totalmente assenti attestazioni al femminile. Al contrario, quando euro è preceduto da un articolo o una preposizione articolata e da un numerale, il femminile è attestato.

                                        

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Le occorrenze osservate, nonostante la presenza di un numerale cardinale, sono accomunate dall’espressione di una cifra approssimativa. Negli esempi seguenti, tratti da Itwac, si fa riferimento a delle quantità non certe, per così dire indeterminate:

L'unico onere il pagamento di un'iscrizione annua che va dalle 30 alle 150 euro .

Un assemblato performante si aggira intorno alle 400/500 euro ( escluso il monitor )

Paghiamo una cifra che si aggira sulle 75,00 euro e usciamo soddisfatti

Una simile funzione è svolta anche dai numerali collettivi (detti anche numerativi o approssimativi, cfr. Tekavčić 1980, Serianni 2005, Faloppa 2011), quali centinaio/a, migliaio/a, trentina, etc. Citando la definizione di Faloppa (2011), questi “indicano un insieme quantitativo di cose o esseri (paio, coppia, duo, trio, terzetto, decina, dozzina, ventina, trentina, centinaio, migliaio) e possono talora essere usati per indicare una quantità approssimata”:

ti dispiace se vengono un paio di amici alla festa?

sarà stato un uomo sulla trentina

Sebbene alcuni siano maschili al singolare (paio, terzetto, centinaio), al plurale presentano il genere femminile (due paia, tre centinaia, molte migliaia), a causa della loro derivazione da parole latine di genere neutro (ad esempio, migliaio-migliaia da miliarium-miliaria).

Negli esempi con euro, la cifra (espressa in maniera approssimata mediante perifrasi come “intorno alle”) potrebbe essere percepita come simile a un numerale collettivo. Il femminile verrebbe usato, quindi, per associazione a questi numerali, i cui plurali assumono tale genere.

In conclusione, quando euro è preceduto da un articolo singolare con il numero cardinale,il femminile può essere giustificato dall’ellissi di un termine come banconota o moneta. I casi di accordo al plurale restano di più difficile interpretazione e possono essere variamente spiegati. È ragionevole sostenere che le possibili motivazioni esaminate lavorino assieme nel creare una certa analogia di alcune occorrenze di euro con altre forme femminili (ovvero lira, altri sostantivi femminili invariabili in -o, composti quali euro-moneta o numerali collettivi plurali). Le cause, insomma, potrebbero essere molteplici.

Ad ogni modo il fenomeno si mostra ristretto a particolari contesti e comunque, anche in questi casi, l’accordo al maschile anche con euro plurale invariabile risulta essere più diffuso e ben saldo.

 

 

Per approfondimenti:

 

  • D’Achille, Paolo, L’invariabilità dei nomi nell’italiano contemporaneo, “Studi di grammatica italiana”, XXIV, 2007.
  • D’Achille, Paolo - Thornton, Anna Maria, I nomi femminili in-o, in Emanuela Cresti (ed.), Prospettive nello studio del lessico italiano. Atti del IX Congresso Internazionale della SILFI (Firenze, 14–17 giugno 2006), Firenze, Firenze University Press, 2008, pp. 473-481.
  • Federico Faloppa, Numerali, in Enciclopedia dell’italiano, Treccani online, 2011.
  • Angela Ferrari, Ellissi, In Enciclopedia dell’italiano, Treccani online, 2010.
  • Yorick Gomez Gane, Euro. Storia di un neologismo, Roma-den Haag, Semar, 2003.
  • Alfonso Leone, Sull’euro un blablà infinito, “Quaderni di semantica”, n. 57, I, 2008, pp.193-194.
  • Luca Serianni, Italiano. Grammatica, sintassi, dubbi, con la collaborazione di Alberto Castelvecchi; glossario di Giuseppe Patota, Milano, Garzanti, 2005 (I ed. 1997).
  • Salvatore Claudio Sgroi, Per una grammatica laica, UTET Università, 2010.
  • Pavao Tekavčić, Grammatica storica dell’italiano, Bologna, il Mulino, 1980 (I ed. 1972-1974).
  • Anna Maria Thornton, Sul genere di euro, “Lingua nostra”, LXVII, 1-2, 2006.

 

A cura di Rossella Varvara
Redazione Consulenza Linguistica
Accademia della Crusca

 

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