Faccine: emoticon, smile(y), emoji… maschili o femminili?

Molti lettori ci chiedono chiarimenti sul genere dei termini che definiscono le "faccine" usate nelle conversazioni telematiche.

Risposta

Gli esotismi che si acclimatano in italiano nella loro forma originaria (definiti anche forestierismi integrali) pongono sovente perplessità ai parlanti della nostra lingua: in alcuni casi per i suoni insoliti che contengono, che possono dare problemi di pronuncia; in altri per quanto riguarda la posizione dell’accento. Ci si interroga anche, quando si tratta di nomi, sul plurale da usare nella nostra lingua (cfr. scheda sul Plurale dei forestierismi non adattati), sull'attribuzione del genere in italiano (cfr. scheda sul Genere dei forestierismi) e, nel caso dei maschili che iniziano con particolari consonanti o gruppi consonantici, sulla scelta dell'articolo determinativo (cfr. scheda su Il/lo jihadista).

Questa volta torniamo sull’attribuzione del genere, trattando il caso dei termini che definiscono le sequenze di simboli della tastiera usate per esplicitare il "tono" di un messaggio in ambito telematico, evolutesi successivamente in vere e proprie immagini e chiamate, informalmente, faccine. Se ne possono vedere esempi nella Tavola Periodica delle Emoticon.

Padre della "faccina" è considerato Scott E. Fahlman, che il 19 settembre 1982 inviò su un gruppo di discussione la proposta di usare :-) per indicare gli scherzi e :-( per il suo opposto, come riprodotto sotto. 

  

Dal 1982 a oggi le faccine hanno percorso una lunga strada: ormai fanno stabilmente parte dell'arsenale di mezzi espressivi a disposizione degli utenti dei media telematici (sms, strumenti per la messaggistica istantanea, social network), e si sono moltiplicate a dismisura; oggi, ad esempio, sono popolari XD, che rappresenta una faccina con gli occhi strizzati e la bocca spalancata, :-*, che indica il bacio, o ancora le faccine con il "nasino" tondo, a mo' di pagliaccio :o). Non dimentichiamo l'esistenza delle faccine prive del trattino per il naso, una specie di versione abbreviata, oggi molto diffuse: :) ;) :(.

Sono ormai popolari anche le faccine orizzontali di origine orientale. Eccone alcuni esempi:

-_-'       'disappunto', 'basito' (notare la gocciolina di sudore sulla "tempia")

^_^       'felicità'

O_o      'perplessità'

T_T       'pianto sconsolato'

Contemporaneamente alla loro stabilizzazione tra le caratteristiche dell'"italiano inviato", si sono diffusi anche diversi modi per definirle: in questa scheda abbiamo impiegato "faccine", ma si usano soprattutto termini non italiani: emoticon, smiley e, più recentemente, anche emoji. Facciamo ordine, cercando le varie voci nei dizionari italiani.

  • Emoticon [i'motikon] dal corrispondente inglese pronunciato [ɪ'məʊtɪkən], composto di emo(tion) 'emozione' e icon 'icona'; data di ingresso in italiano 1988, registrato nei dizionari italiani come sostantivo femminile invariabile: "in un messaggio di posta elettronica o in un articolo di newsgroup, ognuno dei simboli ottenibili con una serie di segni di punteggiatura, che, visti da un lato, formano un viso che esprime una particolare emozione" (Il Nuovo De Mauro). Alcuni vocabolari, come il Devoto-Oli, riportano anche la variante italianizzata emoticona. L'assegnazione alla parola del genere femminile può essere dovuta alla vicinanza con la parola icona, ma anche a emozione, corrispondente di emotion, oppureal genere del traducente faccina.
  • Smiley [ˈsmʌɪli] dal corrispondente inglese derivato di smile 'sorriso'; entrato in italiano nel XX secolo (in questo caso la lessicografia non indica una data precisa) come sostantivo maschile invariabile, e rimandato per la definizione a emoticon (cfr. Il Nuovo De Mauro). In italiano è in uso anche la variante smile, sempre maschile invariabile, non attestata sui principali dizionari sincronici ma molto diffusa in rete. E possiamo ipotizzare che sia proprio la precedente esistenza dello smile per antonomasia, il bottone giallo sorridente, sempre menzionato al maschile, ad avere contribuito a fare assumere alla parola il medesimo genere; anche in questo caso, però, il traducente sorriso può aver avuto un peso.

 

  • Emoji: prestito dal giapponese 絵文字, pronunciato [emodʑi] (per la pronuncia cfr. anche Youtube), composto di e 'immagine' e moji 'lettera, carattere' (cfr. Oxford Dictionaries Online). Il termine, ancora troppo nuovo per essere registrato dai principali dizionari italiani, è trattato nella "Enciclopedia di scienza e tecnica" della Treccani, dove leggiamo che, a differenza delle emoticon, di cui possono essere considerati un'evoluzione commerciale, gli emoji sono "un’enorme serie di simboli (ognuno disegnato su una griglia grafica di 12×12 punti) raffiguranti ogni genere di oggetto (da treni, aerei, matite e buste da lettera, a faccine, cuoricini e animaletti, a rappresentare concetti, relazioni ed emozioni)"; non più sequenze di segni della tastiera, insomma, ma veri e propri pittogrammi che non comprendono solo faccine con varie espressioni, ma anche immagini di altro genere.). La Treccani attribuisce al termine il genere maschile (chiaramente invariabile). Riportiamo qui gli emoji presenti nella nota applicazione di messaggistica istantanea WhatsApp.

              

Una rapida ricognizione in Rete ci fornisce dati interessanti: su Google, in contesti italiani, "le emoticon" batte "gli emoticon" 115.000 a 24.500; "gli smiley" batte "le smiley" 8.210 a 1.070; in entrambi i casi, l'uso e i dizionari appaiono allineati.

Al contrario, al momento "le emoji" batte "gli emoji"  a 54.500 a 21.600: è una parola presente da poco tempo nella nostra lingua, in attesa di essere eventualmente registrata nei dizionari, e  il genere è ancora fluttuante, come spesso succede ai forestierismi in italiano nella fase iniziale della loro adozione (cfr. il caso di email). A favore del femminile agirà l’accostamento con emoticon, verso il maschile il fatto di considerarli dei simboli. Saranno gli utilizzatori della parola, e il tempo, a decidere quale genere prevarrà, anche se già adesso è possibile adeguarsi a quanto proposto dalla fonte a oggi più autorevole ad aver trattato il termine, e usare emoji al maschile, che del resto è il genere che viene prevalentemente assegnato ai forestierismi.

 

 

Aggiornamenti al 18/3/2019:

 

A quattro anni dalla compilazione di questa scheda, riteniamo necessario un aggiornamento sui dati riguardanti il genere dei termini analizzati. La ricerca “gli emoticon” restituisce, con Google limitato a soli contesti di lingua italiana, 28.400 risultati, “le emoticon” 102.000 (i dati non si discostano troppo da quelli del 2015); “gli emoji” ricorre 41.700 volte e “le emoji” 125.000. Aumentano le occorrenze del termine emoji e in contemporanea si allarga anche il divario tra l’uso al maschile e quello al femminile, che appare sempre più prevalente.

Alla “famiglia” di termini precedentemente analizzati si sono aggiunti, negli ultimi tempi, due membri: animoji e memoji.

Gli animoji (il maschile prevale sul femminile 34.100 a 6.960, sempre secondo una ricerca tramite Google limitata a contesti in italiano) sono una sorta di evoluzione animata degli (o delle) emoji: sono resi possibili da una tecnologia che, tramite l’uso della videocamera del cellulare, “cattura” decine di movimenti muscolari del viso dell’utente e li trasferisce su vari soggetti animati, dal panda al robot.

Il termine è una parola-macedonia che deriva dalla fusione di animated (‘animato’ in inglese) ed emoji; le sue prime occorrenze risalgono al momento in cui Apple presenta questa funzione tra le novità dell’IphoneX, a settembre 2017, come documenta il blog degli Oxford Dictionaries che analizza i neologismi incipienti di ogni settimana. Al momento dell’invenzione, il termine veniva scritto con l’iniziale maiuscola, ma una rapida ricerca in rete mostra che molto presto gli utenti si sono appropriati della parola e l’hanno “minuscolizzata”, quasi non percependola come un marchio commerciale.

Le memoji, invece (in questo caso, il femminile vince, in contesti italiani, con 113.000 occorrenze contro 474!) sono l’ultima frontiera degli animoji: invece di animare dei soggetti a caso, iOS12, ossia l’aggiornamento del sistema operativo di Apple uscito nel giugno 2018 (come documentato dal succitato blog degli Oxford Dictionaries), permette di animare un avatar, un personaggio virtuale, con la riproduzione dei tratti salienti del proprio viso: è quindi una me+emoji, un’emoji di me stesso; non a caso, gli inglesi pronuciano /mimòʤi/, mentre gli italiani tendono a dire /memòʤi/ con la g di gioco, quando non /memòʒi/, con la g corrispondente alla seconda di garage.

 

Animoji e memoji non sono a oggi registrati nei dizionari, né quelli inglesi né, tantomeno, quelli italiani, perché, nonostante la diffusione, entrambi i termini nascono in ambito aziendale e sono quindi al momento sul crinale tra denominazione commerciale e nome comune derivato da un marchio, come clacson: vedremo, nei prossimi anni, se sono innovazioni – o forse forme di comunicazione – destinate a rimanere nell’uso, e di conseguenza a finire registrate nei dizionari.

 

A cura di Vera Gheno

Redazione Consulenza Linguistica

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29 maggio 2015


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