Storia per immagini

 

Alcuni volumi del fondo dei Citati della Biblioteca dell’Accademia della Crusca (foto di George Tatge, Regione Toscana) 
Il fondo raccoglie le edizioni a stampa citate nelle cinque impressioni del Vocabolario degli accademici della Crusca (1612, 1623, 1691, 1729-38, 1863-1923), ovvero quei testi che nel corso dei secoli gli accademici selezionarono per fondare sul loro contenuto linguistico il tesoro lessicale di quella che identificarono e certificarono come «lingua italiana». Nonostante la presenza di alcune tra queste opere sia attestata in Accademia fin dal Seicento in alcuni cataloghi e inventari coevi, è di molto posteriore la costituzione di un fondo specifico. Dai documenti oggi noti, si può ipotizzare che la decisione di estrarre dall’intera raccolta libraria della Crusca i testi citati, dando loro una specifica collocazione e ponendoli, forse in un secondo momento, in una stanza appositamente dedicata, si sia compiuta nell’ultimo quarto dell’Ottocento. Nella Villa medicea di Castello, attuale sede, il fondo ha da sempre trovato la sua collocazione nella sala di lettura della Biblioteca, da qualche anno in scaffalature protette da grate, per motivi di salvaguardia e tutela, per non relegare in magazzini, ciò che più volte Francesco Sabatini ha definito come «un monumento della lingua italiana».
 
 
 
Villa medicea di Castello, Sala Giovanni Nencioni (1911-2008)
La sala è stata inaugurata e intitolata allo studioso, presidente della Crusca per quasi trent’anni, il 16 settembre 2011 e contiene gran parte della sua biblioteca di studio, interamente donata all’Accademia dagli eredi. Il Fondo Nencioni costituisce al momento l’ultimo atto di un percorso che la Crusca ha sempre più intensificato nel corso del Novecento, ovvero l’incremento delle proprie raccolte tramite l’acquisizione di biblioteche (ma anche di archivi personali) di figure di primo piano nella scena letteraria e linguistica nazionale. Si ricordano i Fondi Pietro Pancrazi Pietro Pancrazi (1893-1952), Bruno Migliorini (1896-1975), Francesco Pagliai (1893-1976), Alberto Chiari (1900-1998), Gabriella Giacomelli (1931-2002) e il Fondo Arrigo Castellani (1920-2004) di prossima acquisizione.
La Crusca quindi si pone come centro di raccolta di quelle che ormai da alcuni anni vengono definite nella letteratura professionale «biblioteche d’autore», ovvero raccolte librarie costituite da un soggetto significativo per la comunità culturale; le opere rappresentano un insieme rilevante sia per ricostruire il profilo del soggetto produttore che momenti della nostra storia culturale.
 
 
 
Villa medicea di Castello, Sala delle Pale, Catalogo della Biblioteca risalente agli anni Venti del Novecento
Nell'Archivio storico dell'Accademia della Crusca è conservata una discreta quantità di documenti relativi alla Biblioteca; tra questi una parte non irrilevante è costituita dai cosiddetti cataloghi non più in uso, la cui analisi costituisce un indispensabile strumento per la ricostruzione delle stratificazioni della raccolta e quindi un importante punto di partenza per lo studio diacronico della storia della Biblioteca. Allo stato delle ricerche i cataloghi censiti e descritti sono settantotto: sei del Seicento, quattro sei-settecenteschi, tre del Settecento, trentanove dell’Ottocento, tre otto-novecenteschi, ventidue novecenteschi e uno del secolo XXI. Tra questi otto (compreso quello dell’immagine) danno conto dell'intera raccolta: si tratta di cataloghi, dei quali cinque a volume e tre a schede mobili, che coprono l'arco temporale dalla fine del Seicento alla fine del Novecento.
 
 
 
Dante Alighieri, La Commedia, commento di Cristoforo Landino, Firenze, Nicolò di Lorenzo, 1481 (Biblioteca dell’Accademia della Crusca, inc. 14)
Editio princeps della Commedia con il commento dell’umanista fiorentino Cristoforo Landino (1424-1498), rappresenta la nona in assoluto tra le edizioni quattrocentesche. L’opera, nata sotto l’egida della Signoria, fu tirata in 1200 esemplari, come si ricava da una lettera con la quale il commentatore accompagnò il dono della sua opera a Bernando Bembo, padre di Pietro. L’opera doveva essere corredata da circa cento xilografie, ma stando ai testimoni superstiti, ne furono realizzate solo diciannove, poste alla fine dei primi canti dell’Inferno; di fatto solo due o tre furono effettivamente impresse insieme al testo (l’esemplare conservato in Crusca presenta come unica illustrazione quella del secondo canto), mentre le altre furono incollate come carte separate dal tipografo. Sebbene non tutta la critica sia concorde, appare ormai quasi certo che le incisioni in rame furono eseguite dall’orefice fiorentino Baccio Baldini, sulla base di disegni del Botticelli, tra il 1482 e il 1487, anno della morte del Baldini. Il Commento conobbe un immediato successo, tanto che dal 1484 al 1497 fu ristampato cinque volte a Venezia e una a Brescia e non venne pubblicato altro testo della Commedia nello stesso periodo; lo stretto legame fu rotto solo dall’edizione aldina del 1502 curata dal Bembo nel 1502.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Raccolta d’imprese degli accademici della Crusca, in Firenze, 1684 (Biblioteca dell’Accademia della Crusca, ms. 125)
La Raccolta, conservata nella sezione Manoscritti e giunta in Crusca con molta probabilità nel 1903, contiene i disegni a penna di 125 pale a partire da quelle dei cinque storici fondatori (Giovanbattista Deti, il Sollo; Bernardo Canigiani, il Gramolato; Bernardo Zanchini, il Macerato; Bastiano de’ Rossi, l’Inferigno e Lionardo Salviati, l’Infarinato). Il documento, che mostra nella stessa carta del titolo la data 1684, presenta però aggiornamenti fino almeno al 1690, anno in cui fu approvata l’impresa di Alessandro Segni, il Guernito.
Questo documento costituisce il primo tentativo di riordinare la serie delle imprese accademiche, anche per individuare quelle che erano state proposte o cambiate, con il fine di facilitare il lavoro dei censori che avevano il compito di approvare le imprese, evitando che si verificassero delle ripetizioni, e anche per costituire un’ispirazione per i nuovi accademici nelle scelte iconografiche per le loro pale.
L’ipotesi che appare più verosimile è che l’anonimo e ignoto autore dei disegni abbia riprodotto le imprese nell’ordine in cui si trovavano disposte sulle pareti dei locali dell’Accademia, che in quegli anni aveva sede in via dello Studio; non ci sono infatti motivi per dubitare che le imprese non fossero lì conservate ed esposte, come lo erano state da sempre anche nelle precedenti sedi.
 
 
 
Giuseppe Rigutini accademico bibliotecario
Giuseppe Rigutini (1829-1903), fu accademico bibliotecario per trentuno anni (1866-1897), ricoprendo così tale carica per il maggior numero di anni rispetto ai colleghi.
La figura dell’accademico bibliotecario fu sancita, dopo la ricostituzione napoleonica della Crusca, nelle Costituzioni per il Regolamento interno dell’Accademia della Crusca, approvate nel 1813. Gli accademici che rivestiranno questa carica furono diciassette, fino agli anni Venti del Novecento, con il compito di prendersi cura della Biblioteca, provvedendo all’arricchimento delle sue raccolte e alla compilazione del catalogo.
 
 
 
La Biblioteca dell’Accademia della Crusca nella sede del convento di San Marco a Firenze, 1901
L’Accademia ha avuto nel corso della sua secolare vita, almeno dodici sedi documentate, tutte nella città di Firenze. Per le prime due sedi, dalla fondazione al 1641, non si ha notizia di locali adibiti a biblioteca. Invece, in un palazzo di via dello Studio, nel quale la Crusca aveva sede almeno dalla metà del Seicento, nel 1697 venne ricavato un piccolo ambiente, grazie alla chiusura di un cortiletto, da utilizzare per la conservazione dei libri. Risale poi al secondo decennio del Settecento, precisamente tra il 1712 e il 1713 durante l’arciconsolato di Ferrante Capponi, la notizia di una apposita stanza dedicata alla raccolta libraria. In Palazzo Riccardi, dove l’Accademia ebbe sede in due diverse fasi (1817-1865 e 1914-1938), cinque stanze furono destinate alla Biblioteca, mentre nel Palazzo dei Giudici (1940-1974) occupò quattro stanze. Ad oggi, nella Villa medicea di Castello, la sala di lettura è posta al primo piano in un ampio salone, con ballatoio, nella quale sono custoditi circa 30.000 volumi; i restanti volumi sono conservati in altre stanze a magazzini all’interno della villa.